Metaeicon A.D. 2003

Le “Metaicone” di Giuse Rogolino
Roma, Galleria “Il Canovaccio”, 3-24 dicembre 2003

di Laura Turco Liveri

Occhi della contemporaneità quelli dipinti da Giuse Rogolino nelle sue moderne icone.
Immersosi nuovamente nella pittura da un quindicennio, dopo l’esperienza della Narcisoarte e quella di creativo per la RAI – un’impostazione, questa, di cui si sta tuttavia liberando – Rogolino presenta oggi un ciclo di lavori intitolati Metaeicon, giocato sulla duplicità multidirezionale di lettura e acquisizione delle immagini: da una parte lo sguardo del pittore che vede e svela le contraddizioni macroscopiche del mondo contemporaneo, dall’altra la composizione di immagini del mondo, contraddittoriamente presentate in monocromo o a colori, in particolari ingranditi o a figura intera, attraverso un vetro colorato o su ferro e in vari livelli, da cui emerge lo sguardo del soggetto centrale rivolto quasi sempre allo spettatore, appianato – la terza via rispetto al periodo della Narcisoarte – da quella pellicola siliconica di base al dipinto o dalla finale cera d’api che è filtro e al contempo estensione diffusa verso una dimensione di assoluto, di fissità viva che rende l’opera icona, icona contemporanea, appunto. E lo sguardo, l’immagine proveniente dal centro dell’opera, è l’individuazione del punto nodale, tra tutte le immagini del mondo — fotogrammi abituali che i media quotidianamente ci inviano – del problema affrontato in ogni lavoro: Nablus, Nassirya, l’Afghanistan: un fermo immagine – e letteralmente la centrale è l’immagine messa più a fuoco dal pittore e con tutti i mezzi: è a colori, è più lavorata ed individuata nei contorni; è rafforzata nelle luci; è spesso accattivante per la bellezza intensa, femminea o infantile, dei tratti del volto — un improvviso, definito focus che è un profondo appello al risveglio coscienziale per ogni martirio umano che è anche, ogni volta, un nostro martirio. Così, dal profondo di una realtà, colta con meditata, vissuta e sentita sensibilità critica; umana e, se vogliamo, religiosa nel senso dell’aderenza alla realtà dell’uomo – realtà dell’oggi e di sempre – il rispecchiamento di noi nell’altro, che è pure un faccia a faccia con noi stessi, assume le forme di una ritrovata icona, ribadita, nella preziosità unica e fondamentale dei contenuti, dalla conseguente elaborazione tecnica: stampa di particolari ingranditi di foto al computer su una sottile pellicola di silicone applicata poi a fuoco e con una spatola di legno su una lastra di ferro, con interventi a volte consistenti di pittura ad olio.

Materia e spazio

I principali materiali usati sono il ferro*, il colore naturale, il colore digitale ed il cristallo.

Il portale in ferro rappresenta il diaframma, lo scudo, lo schermo eretto a difesa dell’elemento centrale cromatico. Esso è la porta del tempio delle parole di Geremia, è il punto di partenza e di arrivo, è il diaframma che divide il bene dal male, è lo spazio dove vengono bloccate la menzogna, l’odio, l’arroganza, il peccato e tutte le nefandezze del genere umano.

In alcune opere c’è anche uno spazio dedicato all’indifferenza: le “vetrine”. Un luogo dove si riflettono quelli che non vedono e non sentono, quelli che non hanno mai udito la parola aramaica: “effatà”.

Sono quelli che hanno tolto lo sguardo dalla Luce, spostandolo verso lo specchio che riflette solo la loro immagine distorta. Le immagini monocromatiche di questo settore dell’opera, sono ingabbiate tra due cristalli bruniti in modo da creare una zona semi-speculare. Il semi-specchio serve a fondere l’immagine dell’osservatore con il resto dell’opera.

Il cuore dell’opera, cioè la parte fatta e pensata per focalizzare lo sguardo e centralizzare lo spirito, è la porzione centrale, l’unica degna di contenere colore.

Il messaggio iconizzato racchiuso e protetto dalla “Porta del tempio”, è lo spazio dedicato alle vittime inconsapevoli, che rappresentano anche l’ultima speranza del genere umano.

Sono tutti quegli uomini, quelle donne e quei bambini che non riescono a capire perchè sono al centro dell’odio e dello sfruttamento.

Sono tutti quei poveri esseri che non riescono più a sognare perchè troppo occupati a sopravvivere.

Sono tutti quelli che hanno dimenticato di avere un cervello, perchè glielo hanno rubato gli esperti di marketing e di sondaggio.

Sono tutti quelli che incoscientemente eleggono e osannano i loro stessi aguzzini.

La logica costruttiva e le proporzioni usate, sono quelle utilizzate per le icone sacre. Il rapporto 4:3 e la rientranza della parte centrale dell’opera a protezione della stessa, sono le citazioni estetiche più evidenti. Se nel periodo iconoclasta tale rientranza era uno stratagemma per proteggere l’immagine sacra dagli agenti esterni, nella Metaeicon diventa uno scudo.
Altro elemento importante su cui è necessario fornire alcune delucidazioni, è la relazione esistente tra il rapporto dei numeri sacri 4:3 dell’icona, con il rapporto 4:3 del formato televisivo.
Anche la televisione è composta da una cornice nera e da un contenuto cromatico, ma come in un gioco di negativo/positivo, la logica delle due parti è invertita e cioè, il portale (cornice nera) è in realtà privo di negatività in quanto mero supporto, mentre l’elemento centrale (icona) è lo strumento negativo. Infatti la televisione, oggi più che mai, è spesso ricercata da falsi profeti, per propagandare falsi ideali.

 Liturgia ed epiclesi della Metaeicon

 Liturgia, deriva dal greco Leiton (popolare, pubblico) ed érgon (opera), 
Epiclesi da epiclesis ossia invocazione, chiamata alla Divinità.

Metaeicon, oltre l’icona (dal greco eikon immagine). 
L’icona è nata in oriente ed era oggetto di venerazione, poichè i primi disegni vennero attribuiti a S. Luca e per questo vennero definite acheropite, cioè non fatte da mano umana.
L’icona classica, nella sua apparente semplicità, non lascia nulla al caso, dalla forma ai materiali usati, tutto serve all’opera finale che, pur partendo da un modello predefinito, porta a risultati sempre nuovi e soprannaturali.

Senza entrare eccessivamente nel complesso mondo dell’iconografia, è necessario fornire alcuni strumenti di lettura. 
La spiritualità, le proporzioni dei numeri sacri e la rientranza del corpo centrale a protezione dell’immagine, sono i tre punti da cui sono partito per costruire le metaicone. Nonostante fosse tutto chiaro nella mia mente, c’era qualcosa che mi paralizzava ed era il rischio di riproporre l’icona sacra, che per sua stessa natura non poteva essere variata. Allora ho fatto quello che fa un monaco ortodosso prima di dipingere, ho pregato e “casualmente” é giunta la risposta rivelatrice.
 I soggetti sacri classici lasciavano il posto a soggetti attuali come icone del terzo millennio.

Erano le due di notte del 3 giugno del 2003, la notte in cui è nata Metaeicon. (Giuse Rogolino)

Tema biblico ispiratore – Geremia 7

L’attacco contro il tempio
Questa è la parola che fu rivolta dal Signore a Geremia: “Fermati alla porta del tempio del Signore e là pronunzia questo discorso dicendo: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per prostrarvi al Signore. Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo. Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo. Poichè, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze tra un uomo e il suo avversario; se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi, io vi farò abitare in questo luogo …