La storia dell’Uomo è nella sua mano: è il primo strumento consegnato da Dio per la sopravvivenza, la difesa, il lavoro. La mano fabbrica, scrive, carezza, uccide, stringe i patti, impugna armi e fa sventolare bandiere, evoca musiche, invoca aiuto, raccoglie i frutti della fatica. Nella mano dell’Uomo è scritta la sua sorte. Quella di Giuseppe Rogolino è la scultura: una vocazione e una dotazione native che ha voluto esprimere in questa sua prima personale con la gratitudine verso la mano e le sue simbologie.

Rogolino è giovane, avellinese di nascita e romano d’adozione ma le sue radici artistiche vanno oltre i confini ambientali ed anagrafici: Wildt e Rodin, per esempio, ma più lontano e ancora Michelangelo di cui si avvertono gli indelebili comandamenti specie nelle grandi composizioni in terracotta dove la robustezza degli impianti è volutamente Rondaniniana. Ma quale altro piglio, in questo giovane appena fiorito alla vita che già ne sente i drammi con tanta partecipazione!

Mani aperte e alzate al cielo nell’invocazione suprema, mani avide che afferrano la speranza, mani che si cercano nel dolore, si intromettono nell’amore, protestano. Mani che sono piene di dolore e ricche di forza vitale, che sbocciano dal pensiero, che costruiscono sogni, che medicano le ferite dell’anima, che racchiudono amanti e madri ed aiutano a nascere i figli. Una tematica vastissima, un impegno profondo realizzato con mezzi via via più sicuri. Se si osservano dalla datazione le differenze tra le opere — frutto di due anni di intenso lavoro — si noterà quanto Rogolino ha perfezionato il suo discorso plastico, ha acquistato sicurezza e rigore, si è impadronito della materia e oggi la lavora con piena autorità.

Specie nei bronzi — cere perdute e irripetibili — la sua fantasia si sbriglia in composizioni eleganti, vivaci, stellari e le modulazioni che la terracotta rende sommesse si evidenziano con squilli di luce, con chiaroscuri di patina, con agilità di movimenti. Il misticismo si scalda di passione e l’impeto giovane di Rogolino

trova campi più liberi per le audacie plastiche. Dal dolore espresso già si avvertono i segni di una rinascita di speranze, i germogli di una nuova gioia di vita. Quella che l’Uomo dovrà crearsi con le proprie mani, per un domani migliore. (Testo critico di Ugo Moretti)

Di eccezionale precocità, non soltanto testimoniata dalla scultura ma soprattutto dal complesso pensiero che ne determina l’esigenza plastica, è Giuseppe Rogolino che a 18 anni, modellava una drammatica figura umana di sconcertante densità simbolica e di stile ed ora presenta un buon numero di terrecotte e di piccoli bronzi ed alcuni intensi disegni preparatori, di penetrante spirito illustrativo.

La rapida ascesa delle facoltà espressive di questo pensoso e appassionato artista, si muove sul ritmo di un’esigenza morale, intellettuale, ma soprattutto spirituale che talvolta sembra andare oltre le possibilità stesse della scultura, come direbbe Dante: << …per troppo di rigore ». Ma quando il ribollire della problematica filosofica e religiosa del fervido temperamento del giovanissimo creatore di forme plastiche, avrà acquistato misura e piena consapevolezza, l’interpretazione scultorea, si farà certamente ancora più suggestiva, chiarificandosi nel rapporto fra contenuto e forma.

Nella mostra attuale, il tema dominante di gran parte delle opere esposte, è l’angoscia dell’uomo nell’interrogativo dialettico della nascita e della morte; una selva di mani crudeli o imploranti, si tendono nello spazio, uscendo dalla materia plasmata febbrilmente, come disperati appelli di naufraghi in un mare di tempesta.

Talvolta la complessità del pensiero iniziale, spinge l’artista a documentare particolari più nascosti e ne nasce un conglomerato di forme dalle quali emergono qua e là più chiaramente, gli elementi essenziali della densa immaginazione, altra volta, come avviene soprattutto nei piccoli bronzi, di cui è felice esempio «la luce dell’amore», il concetto è improntato con fervida inventiva e realizzato in un intreccio plastico molto espressivo anche in rapporto all’effetto di luce che l’artista raggiunge nella patinatura del bronzo e nello specchiarsi imprevisto dei risalti plastici, sulle zone splendenti della materia, pittoricamente valorizzata. Proprio in questi bronzi, non soltanto per la preziosità del materiale usato, ma per la ricchezza dei motivi, riconosciamo le migliori doti possedute dal Rogolino che raggiunge risultati sorprendenti nel suggerire la liberazione della materia dal suo peso, attraverso una composizione ardita e intensamente dinamica. (Testo critico di Valerio Mariani – Radio RaiUno)

1978 Peschiera del Garda (VR) – Fasi di realizzazione del murales per La Scuola di Polizia – Parco Catullo (Foto Sergio Fantoni)