Testi critici ... ieri e oggi

Prima personale Galleria del Babuino a Roma – Ugo Moretti

La storia dell’Uomo è nella sua mano: è il primo strumento consegnato da Dio per la sopravvivenza, la difesa, il lavoro.

La mano fabbrica, scrive, carezza, uccide, stringe i patti, impugna armi e fa sventolare bandiere, evoca musiche, invoca aiuto, raccoglie i frutti della fatica. Nella mano dell’Uomo è scritta la sua sorte. Quella di Giuseppe Rogolino è la scultura: una vocazione e una dotazione native che ha voluto esprimere in questa sua prima personale con la gratitudine verso la mano e le sue simbologie.

Rogolino è giovane, avellinese di nascita e romano d’adozione ma le sue radici artistiche vanno oltre i confini ambientali ed anagrafici: Widt e Rodin, per esempio, ma più lontano e ancora Michelangelo di cui si avvertono gli indelebili comandamenti specie nelle grandi composizioni in terracotta dove la robustezza degli impianti è volutamente Rondaniniana. Ma quale altro piglio, in questo giovane appena fiorito alla vita che già ne sente i drammi con tanta partecipazione!

Mani aperte e alzate al cielo nell’invocazione suprema, mani avide che afferrano la speranza, mani che si cercano nel dolore, si intromettono nell’amore, protestano. Mani che sono piene di dolore e ricche di forza vitale, che sbocciano dal pensiero, che costruiscono sogni, che medicano le ferite dell’anima, che racchiudono amanti e madri ed aiutano a nascere i figli. Una tematica vastissima, un impegno profondo realizzato con mezzi via via più sicuri. Se si osservano dalla datazione le differenze tra le opere – frutto di due anni di intenso lavoro — si noterà quanto Rogolino ha perfezionato il suo discorso plastico, ha acquistato sicurezza e rigore, si è impadronito della materia e oggi la lavora con piena autorità.

Specie nei bronzi – cere perdute e irrepetibili – la sua fantasia si sbriglia in composizioni eleganti, vivaci, stellari e le modulazioni che la terracotta rende sommesse si evidenziano con squilli di luce, con chiaroscuri di patina, con agilità di movimenti. II misticismo si scalda di passione e l’impeto giovane di Rogolino trova campi più liberi per le audacie plastiche. Dal dolore espresso già si avvertono i segni di una rinascita di speranze, i germogli di una nuova gioia di vita. Quella che l’Uomo dovrà crearsi con le proprie mani, per un domani migliore.

Ugo Moretti

Allarme e grido – Domenico Rea

Sono convinto che anche il lettore più evasivo, incontrando la scultura di Giuseppe Rogolino, ha un impatto: si blocca, si ferma, è costretto, forse per la prima volta, ad esplorare se stesso e il mondo che lo circonda, sollecitato da quello che si potrebbe definire il perentorio allarme dell’opera di Rogolino.

Quest’artista, che non ha voluto rinunciare a dire, a raccontare, a raffigurare la storia dell’uomo, pur avendo tutti i mezzi per avviarsi da maestro verso i grandi (o grossi?) quanto vacui discorsi astratti occorrenti, è convinto che l’arte o i tentativi dell’arte o ciò che passa ancora sotto questo svilito fonema, deve concedere una minima possibilità, non di di godimento, ma di lettura. Deve avere una funzione; e contrariamente a quanto si predica da anni da certi sofisti e prevaricatori, deve servire a qualcosa o è meglio buttare i mandriani alle ortiche ed andarsene a passeggio; ove mai di un così fatto piacere si possa ancora usufruire.

Questa tendenza mi sembra scaturisca in maniera massiccia e schiacciante dal lavoro di Rogolino. La sua è una scultura-sonda; un’interpretazione dell’universo ferino che ci opprime e che, prima o poi, ci renderà universalmente schiavizzati.

Di questo mondo oppresso, secondo Rogolino, sono rimasti dei “gridi” e dei “segni”: una semiologia dell’orrore quale ultimo estremo allarme. Le mani, le dita, ossia gli strumenti che hanno ri-lavorato la materia ereditata dalla Natura ed hanno contribuito approssimativamente a civilizzarci, sono diventate impotenti a fermare l’avanzata della morte di massa (ideologica, ecologica, guerresca) e possono solo denunciare lo stato d’impietosa pietà in cui si trova l’uomo: senza aiuti oltremondani, senza alcun conforto che non sia dello stesso calore del proprio corpo.

In quest’universo del dolore, Rogolino lavora e vi compie scavi e ricerche barbariche con variazioni sul tema dell’infinito e senza stanchezza; quasi sperasse che a forza di segnalare i termini dell’abisso, l’avanzata di massa della morte si arresti in tempo.

Si sa però che queste avanzate hanno sempre bisogno della verifica e della distruzione finale. I “lager” – e le mani della scultura di Rogolino – sono, gratta gratta, gli unici depositi delle tirannidi contemporanee.

Guendalina Fiammenghi

Un’opera d’arte viene realizzata in un momento circoscritto nel tempo, specchio di una realtà ben precisa, ma essa è in grado di rinascere e rivivere per un tempo immensamente più lungo. La creazione di un’opera artistica è, infatti, il risultato di un processo complesso, i cui numerosi impulsi e stimoli arrivano e vengono elaborati senza una necessaria coerenza spaziale o temporale. È da questa rottura dello spazio-tempo, dall’infrangersi di questo confine, che emergono le opere di Giuse Rogolino, scultore, pittore e videodesigner in RAI, in cui passato, presente e futuro si sovrappongono; per invitare l’osservatore a fermarsi e scrutare l’efferato orrore che ci circonda, puntando lo sguardo alla grande bellezza dell’arte, vettore di speranza.

L’artista, per la prima volta, con una mostra antologica presenta un’ampia selezione di opere, che offrono una panoramica completa del suo percorso artistico, attraverso forme e materie diverse. Se il medium cambia, a rimanere centrale nella produzione artistica di Rogolino è il pensiero; sono infatti opere di denuncia e di riflessione quelle che ci presenta, realizzate per urlare l’ingiustizia e il dolore, ma anche sussurrare parole di speranza. Dall’influenza della Narciso Arte, che riscopre il suo doppio, alla sintonia con la luce, che descrive forme e curve sulla materia, il linguaggio di Rogolino trova nel legame tra l’astratto ed il figurativo la sua espressione ideale.

La geometria delle sue opere si adatta al materiale cui è delegato il messaggio, come in una ricerca perenne delle parole giuste, dei segni perfetti. Il pensiero dell’artista si traduce e si modella con nuove forme nell’argilla, realizzando sculture altamente simboliche che richiamano alla storia più antica e recente, ma sempre estremamente attuali. Nelle sue tele, inesorabili linee dividono, sezionano e rinchiudono i ritratti dei martiri d’oggi. Infine, riprendendo la tridimensionalità delle sculture ed i contrasti cromatici delle pitture, Rogolino lavora ai suoi ibridi, dove la materia incontra il colore creando opposizioni decise e magnetiche.

Alexandra Tetter

Giuse Rogolino è da contare tra gli artisti eminenti del palcoscenico dell’arte contemporanea italiana. Scultore, pittore, orafo, videodesigner e giornalista, è una figura poliedrica che riesce a strabiliare l’osservatore tramite vari mezzi espressivi. Il suo esordio avviene nel 1975, quando, in una mostra personale, espone le sue opere scultoree nella rinomata Galleria d’arte “Il Babuino”, in via del Babuino nel cuore di Roma. Questa strada, insieme a via Margutta, all’epoca ancora più che oggi, fa parte di un quartiere brulicante di vita e arte, noto per i molti studi artistici e le loro Gallerie di riferimento. Nel 1977 lo Scià di Persia gli commissiona un’opera dedicata a Ciro il Grande, quest’opera é pensata per l’omonima piazza nell’EUR, ma purtroppo a causa della rivoluzione popolare khomeynista la scultura in pietra e bronzo alta 30 metri non viene mai realizzata. 

Possiamo però trovare un’altra sua opera in piazza Walter Rossi a Roma, il monumento “Contro ogni violenza”, inserita dal Ministero dei Beni Culturali tra i monumenti di Roma. Questa e altre opere fanno sì che alla giovane età di 26 anni viene inserito nel Dizionario degli Artisti Italiani del XX secolo. Nel 1981 diventa uno dei membri fondatori della corrente artistica Narciso-Arte, teorizzata dal professore Giorgio di Genova. Successivamente, nel 2003 introduce nello studio d’arte Canova “Il Canovaccio” in via Canova a Roma un nuovo filone artistico, dal titolo METAEICON, si tratta di frammenti di fotogrammi d’inviati di guerra su pittosculture in ferro ossidato. È stato inoltre il teorico del Programma Internazionale Connessus, un progetto che vede coinvolti intellettuali ed artisti di livello internazionale, mirato a raccogliere fondi per la formazione dei giovani nel terzo e quarto mondo. Nel 2023 decide di abbandonare quel progetto per far spazio ad una nuova idea dedicata alla grave emergenza climatica.

Vanta anche importanti esperienze nell’ambito televisivo, con la Rai, inizia la collaborazione al Tg1, con l’ideazione della sigla e della linea grafica della rubrica di approfondimento TamTam e dopo aver firmato la maggior parte delle sigle del Tg1, diventa per 14 anni il direttore artistico di Rainews24. Fa parte dal 2000 dei soci fondatori di Greenaccord, associazione che funge da “tavolo virtuale” per tutti i professionisti del settore che hanno a cuore la salvaguardia dell’ambiente.

L’arte di Rogolino non conosce limiti, in maniera camaleontica riesce a trasformarsi da scultore a pittore ad abile disegnatore e altro ancora, riesce a catturare il pubblico con un’arte tra il figurativo e l’astratto. Abbina volti e figure umane con linee modulari che contribuiscono alla fluidità del dipinto. Si vede come fa spaziare la mente traendo ispirazione dalle esperienze del vissuto anche nell’ambito del giornalismo, creando così delle opere con grande fascino estetico che spesso però sembrano avere un sottofondo critico e ammonitorio, connessi al suo spirito acuto che è impegnato anche nell’ambito sociale oltre a quello artistico. Le opere, come l’artista, sono poliedriche, fatte di strati di lettura diversi, l’osservatore è libero di interpretarle a secondo del proprio vissuto mentre rimane travolto dalla bellezza di un linguaggio figurativo inedito.